La concessione idroelettrica in Italia
di Frosio Next
Febbraio 2023
Cosa si intende per concessione idroelettrica? In questo articolo parleremo della normativa di riferimento, ma anche degli aggiornamenti dal punto di vista burocratico che regolano l’utilizzo delle acque pubbliche a scopo energetico.
Cosa significa concessione idroelettrica?
Una concessione idroelettrica è una sorta di collaborazione mediante il quale una pubblica amministrazione conferisce ad un soggetto unico (pubblico o privato) o ad una pluralità limitata di soggetti la facoltà di esercitare un’attività riservata ai pubblici poteri. La titolarità del bene concesso in uso ed esercizio rimane in capo alla pubblica amministrazione. Le concessioni sono utilizzate in settori che incidono sulla qualità di vita dei cittadini, ad esempio:
- trasporti stradali e ferroviari;
- servizi portuali e aeroportuali;
- manutenzione e gestione di autostrade;
- gestione dei rifiuti;
- energia e servizi di riscaldamento;
- strutture ricreative e parcheggi.
Le concessioni fanno sì che competenze e capitali privati vadano ad integrare le risorse pubbliche e consentono nuovi investimenti in infrastrutture e servizi pubblici senza gravare sul debito pubblico.
Nello specifico quindi, la concessione idroelettrica è intesa per tutti coloro che intendono derivare e utilizzare a qualsiasi uso le acque pubbliche (sotterranee da pozzo, da sorgente o con derivazione da corso d’acqua superficiale) per la produzione di energia idroelettrica.
Chi è coinvolto è tenuto ad acquisire la necessaria concessione amministrativa per l’utilizzo di una risorsa pubblica, come l’acqua, e a pagare annualmente il canone demaniale corrispondente all’utilizzo concesso.
Sono rilasciate per una durata temporanea, che non può eccedere i trenta anni in caso di grande derivazione per uso industriale e dieci anni per le piccole derivazioni.
Inoltre, una concessione idroelettrica può essere revocata anticipatamente rispetto alla scadenza dall’Autorità competente (senza la corresponsione di indennizzo) qualora venga accertata la sopravvenuta incompatibilità della concessione con gli obiettivi di qualità e di valorizzazione del corpo idrico interessato.
Piccole e grandi derivazioni: cosa sono e come cambia la competenza
Con il termine derivazione si definisce qualsiasi prelievo di acqua da corpi idrici (sotterranei o superficiali) realizzato mediante opere, manufatti o impianti fissi. Costituiscono la derivazione l’insieme dei seguenti elementi: opere di raccolta, regolazione, estrazione, derivazione, condotta, uso, restituzione e scolo delle acque.
La competenza amministrativa al rilascio delle concessioni per la derivazione e l’utilizzazione delle acque pubbliche è posta in capo alle Amministrazioni Provinciali e relativamente a quelle che sono definite “piccole derivazioni” mentre compete alla Regione il rilascio delle concessioni per le “grandi derivazioni”.
Sono definite piccole derivazioni quelle che non superano il seguente limite:
- produzione di forza motrice con potenza nominale media inferiore a 3000 kW
Sono definite grandi derivazioni quelle che eccedono il seguente limite:
- produzione di forza motrice con potenza nominale media superiore a 3000 kW
Nelle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l’obbligo per i concessionari di fornire annualmente e gratuitamente alle stesse regioni, 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, per almeno il 50% destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni.
Le normative sulle concessioni idroelettriche e l’utilizzo delle acque
La materia complessiva delle derivazioni per usi idroelettrici tocca trasversalmente competenze statali e competenze regionali. Si tratta di concessione di utilizzo di un bene demaniale quale l’acqua, la cui titolarità è dello Stato. Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma Cost, allo Stato compete, in via esclusiva, la potestà legislativa per la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema”.
Appartiene alla potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma Cost., la materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia“.
I concessionari di grandi derivazioni idroelettriche sono tenuti a corrispondere semestralmente alle regioni un canone, determinato con le singole leggi regionali, sentita l’ARERA, articolato in:
- una componente fissa, legata alla potenza nominale media di concessione,
- una componente variabile, calcolata come percentuale dei ricavi normalizzati, sulla base del rapporto fra la produzione dell’impianto, al netto dell’energia fornita alla regione, ed il prezzo zonale dell’energia elettrica.
Il compenso unitario varia proporzionalmente alle variazioni, non inferiori al 5 per cento, dell’indice ISTAT relativo al prezzo industriale per la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica.
Tale canone è dovuto anche nel caso in cui l’utente non voglia oppure non possa fare uso, in tutto od in parte, delle acque oggetto della concessione.
La nuova disciplina sulle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a uso
idroelettrico
Nel corso dell’attuale legislatura, la disciplina delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche (quelle afferenti a impianti idroelettrici aventi una potenza nominale media pari ad almeno 3 MW) è stata considerevolmente riformata, dapprima dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 833), poi dal decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (convertito, con modificazioni, in L. n. 12/2019), e, da ultimo dalla Legge sulla concorrenza 2021, Legge n. 118/2022.
Il decreto, facendo salve le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle regioni a statuto speciale ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, ha disposto a favore delle regioni – già competenti al rilascio delle concessioni – il trasferimento della proprietà delle opere idroelettriche alla loro scadenza e nei casi di decadenza o rinuncia alle concessioni stesse.
Sono in particolare, traferite alle regioni, una volta cessata la concessione:
- le “opere bagnate” (dighe, condotte forzate, canali di scarico, etc.) a titolo gratuito,
- le “opere asciutte” (beni materiali), con corresponsione di un prezzo da quantificare al netto dei beni ammortizzati, secondo dati criteri.
Infine, la disciplina vigente – introdotta dal decreto legge n. 135/2018 e da ultimo modificata dalla Legge sulla concorrenza 2021 – prevede che le regioni possano, per le concessioni già scadute e per quelle la cui scadenza è anteriore al 31 dicembre 2024, consentire al concessionario uscente la prosecuzione dell’esercizio della derivazione nonché la conduzione delle opere e dei beni per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure di nuova assegnazione e comunque non oltre tre anni dalla data di entrata in vigore della legge sulla concorrenza, dunque non oltre il 27 agosto 2025.
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